Giordano Bruno Guerri, Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione, Fiume 1919-1920, Milano, Mondadori, 2019.
Si legge come un emozionante, racconto l’ultimo lavoro di ricerca storica di Giordano Bruno Guerri, ricchissimo di annotazioni inedite che si avvalgono della puntuale documentazione degli Archivi del Vittoriale, di cui l’autore è presidente.
Il volume ripercorre i cinquecento giorni che seguirono l’Impresa di Fiume, cittadina di antiche tradizioni italiche, ma che il Trattato di Rapallo aveva assegnato al regno di Jugoslavia, dopo la prima guerra mondiale, “mutilando” la vittoria italiana. Una “vittoria mutilata” che d’Annunzio voleva vendicare restituendo, con un’azione poetica e guerriera, al regno d’Italia.
Ma l’Impresa di Fiume, dall’occupazione della cittadina da parte dei legionari il 12 settembre 1919 – quest’anno ne ricorre il centenario – fino al “Natale di sangue” del 1920, quando l’esercito regolare costrinse alla resa i ribelli, fu qualcosa in più di un’Impresa irredentistica e patriottica: diventò il laboratorio politico/sindacale per costruire una visione rivoluzionaria e nuova della società italiana.
A Fiume (oggi Rijeka, in croato), fin dall’arrivo sulla sua T4 amaranto, in divisa da Lanciere di Novara, d’Annunzio anticipò gran parte dei temi e dei riti che furono, in seguito, adottati dal fascismo; nel ventennio, poi, rimasero più i riti che le aperture sociali inaugurate dall’Impresa fiumana. Il libro di Guerri analizza in modo dettagliato gli eventi che portarono alla Reggenza del Carnaro e il messaggio politico che quell’Impresa significò. Molti degli elementi di novità contenuti nella costituzione fiumana,la “Carta del Carnaro” – scritta a quattro mani da d’Annunzio e da Alceste De Ambris – saranno ripresi dal primo fascismo-movimento: federalismo, giustizia sociale, solidarietà, tutela dei deboli, superamento del concetto di razza, sindacalismo rappresentativo all’interno dello Stato; tematiche condivise dal fascismo di sinistra e poi rapidamente abbandonate dal fascismo-regime. Eppure molti degli assunti della Carta sono attuali ancora oggi “l’autonomia amministrativa, la parità tra i sessi, la libertà di coscienza, la laicità dello Stato, il taglio ai costi della politica, la revocabilità del mandato, la tutela del lavoro, la possibilità per tutte le categorie di tenere assemblee e avere propri rappresentanti, l’eleggibilità di ogni cittadino sono temi che la costituzione fiumana offrì a un mondo che si era appena risollevato da una catastrofe” (pag. 331). Temi che hanno alimentato un’ansia di rinnovamento sociale e politico, di cui d’Annunzio era l’alfiere, destinata a una cocente delusione. Il fascismo riprenderà alcune suggestioni sindacali della rivoluzione dannunziana nell’ultimo tragico periodo della Repubblica Sociale, ma ormai tutto era perduto.
Guerri ha il notevole merito, sulla scia tracciata dagli studi di Renzo De Felice, di aver restituito l’immagine dell’epopea fiumana, con i suoi limiti e le sue contraddizioni, oltre i rituali immaginifici, alla realtà di un’aspirazione autenticamente rivoluzionaria con uno sguardo politico che andava oltre il presente per prefigurare una Patria futura.