Anna Ascenzi, Drammi privati e pubbliche virtù. La maestra italiana dell'Ottocento tra narrazione letteraria e cronaca giornalistica, Pisa, Edizioni ETS, 2019.
L'epopea delle prime maestre dell'Italia unita attraverso il racconto, romanzato ma non troppo, dei grandi letterati dell'epoca.
L'autrice esamina, con dovizia documentale, i resoconti giornalistici e le novelle di Matilde Serao, "Il romanzo di un maestro" (1890) di Edmondo De Amicis, "Il romanzo di una maestra" (1891) di Anna Fusetti e "Il romanzo d'una maestra" (1901) di Ida Baccini, delineando -al di là del ritratto bozzettistico - il profilo reale e sociale delle maestre elementari nell'Italia di fine Ottocento.
Ne esce un affresco drammaticamente reale della condizione delle insegnanti: una retribuzione bassissima e spesso soggetta ai capricci delle amministrazioni comunali, i frequenti ricatti sessuali dei sindaci, le condizioni di lavoro estremamente misere, l'incomprensione delle popolazioni rurali a cui le maestre "rubavano" braccia di lavoro minorile, l'isolamento sociale a cui spesso erano costrette. Il suicidio della maestra Italia Donati, accusata di essere di facili costumi dal sindaco di Porciano, sollevò un'ondata di indignazione, grazie anche ai numerosi articoli della Serao sul Corriere della Sera, ma non cambiò - di fatto - le condizioni di subalternità morale ed economica delle maestre elementari.
Ma, al di là di una generica e superficiale compassione sentimentale, è mancata alla classe politica del tempo "la comprensione della dimensione sociale del fenomeno, la sottovalutazione del dramma collettivo che segnava un'intera generazione di donne di umile condizione costrette ad operare in luoghi e in realtà ostili, prive di ogni garanzia di rispetto e di ogni forma di tutela".
E mentre la retorica tardo ottocentesca, a cui non sfugge neppure il De Amicis, esaltava "le operaie del cuore" che combattevano l'analfabetismo nei più sperduti borghi delle campagne e delle montagne italiane, le maestre continuavano a morire di stenti, nella miseria e nell'abbandono dell'amministrazione scolastica che avrebbe dovuto tutelarle.
Soltanto con la legge Daneo-Credaro del 1911 le scuole elementari passarono sotto il controllo dello Stato, ma l'applicazione della legge - anche a causa della prima guerra mondiale - subì notevoli difficoltà e resistenze e si dovette attendere la più compiuta riforma Gentile, nel 1923, per veder regolato il lavoro delle insegnanti elementari in Italia.