I coniugi Cecchini con i figli Rosa, Mario e Maria Pia
16 ottobre 1943, ore 5,15 di un mattino piovigginoso: i nazisti invadono le strade del Portico d’Ottavia e cominciano una spietata caccia all’uomo.
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(Simonpietro Cecchini)
I GIUSTI TRA LE NAZIONI
“Nel 1953, la Knesset, il Parlamento israeliano, ha adottato una legge concernente la memoria dei Martiri e degli Eroi e ha deciso di fondare un’istituzione ebraica universale sul Monte della Rimembranza (Har HaZikaron) a Gerusalemme, il Memoriale di Yad Vashem. Uno dei compiti assegnati a Yad Vashem è quello di rendere omaggio e commemorare i «Giusti tra le Nazioni, che rischiarono la vita per salvare degli ebrei».
Era il crepuscolo.
Accovacciato per benino nell’erba fresca, a mo’ di statuina da presepio, dondolavo ritmicamente il mio testone, da sinistra a destra, da destra a sinistra, per “leggere e studiare” la siepe viva di marruca che si sviluppava, invalicabile mezzo di difesa, lungo un lato del grande podere disteso a ventaglio ai piedi del Casale.
(Insegnanti e alunni della classe 2^ C della scuola primaria di Vetralla; a.s. 2015-2016)
Dachau, Mauthausen Auschwitz, Chelmno, Ravensbruck, Fossoli furono nomi uguali agli altri sulle carte e sulle guide turistiche. In realtà, come accadde per migliaia di città, villaggi e regioni dell’Europa nazista e fascista dal I933 al I945, essi nascosero un orribile segreto: campi di lavoro forzato, di tortura e di morte nei quali scomparvero milioni di esseri umani e tra essi bambini e ragazzi. Oppositori del nazismo o del fascismo di ogni nazionalità, zingari o ebrei giovani che furono prigionieri dei lager e dei ghetti, seppero a volte più degli adulti combattere e resistere fino all’ ultimo. Molti di loro sono scomparsi dalla faccia della terra senza lasciare traccia e nemmeno il nome; di altri ci resta un frammento di storia o una fotografia sbiadita. Pochi sono i sopravvissuti. Inseguendo le vicende e la breve esistenza di otto di loro questa sezione vuole ricostruire la vita quotidiana di alcuni dei maggiori luoghi di internamento o di annientamento che le dittature nazista e fascista istituirono in Europa contro i civili a tutela della «razza pura e padrona» che si proponeva di eliminare tutti i diversi. Bambini e bambine, ragazzi e ragazze che lottano, di cui colpisce sempre la vitalità e il desiderio di futuro, ma che fin da subito subirono una violenza senza eguale: la distruzione della loro giovinezza.
Nei lager e nei ghetti dopo soltanto alcune ore di prigionia per chiunque veniva meno la possibilità di riconoscersi come essere umano: spogliati di tutto, rasati, privati di ogni effetto personale, unico legame rimasto con il passato, gli internati erano sottoposti ad attese snervanti cariche di incertezza, a insulti, percosse e a una serie di trattamenti più o meno logoranti ,la ricerca spasmodica del cibo sempre insufficiente, le latrine comuni, la sporcizia… Chi reagiva ai maltrattamenti o cercava di prestare aiuto a un compagno veniva picchiato selvaggiamente. Fin da subito i prigionieri si rendevano conto della loro totale impotenza a fronte di una completa dipendenza da un potere assoluto che incombeva minaccioso sul loro fisico e sulla loro anima. Il primo atto di violenza subito, il primo colpo ricevuto facevano crollare anche negli uomini e nelle donne più forti l’ idea della invulnerabilità del proprio corpo e la speranza di trovare aiuto nel momento del bisogno. I figli venivano separati dalle madri e dai padri, i ragazzi e le ragazze dai fratelli, dalle sorelle e dagli amici. Tutto era possibile e tutto poteva accadere inaspettato e senza motivo. La morte era a pochi passi e a ogni istante faceva sentire il suo gelido alito sui corpi martoriati dei prigionieri. A noi che oggi ne ripercorriamo la storia i protagonisti di questa sezione non sembrano bambini o ragazzi, piuttosto uomini e donne immersi in un oceano di sofferenza e di dolore. Non giocano non sanno più come fare a divertirsi, hanno dimenticato ogni curiosità e ogni slancio tipici della primavera della vita. Pensano il più delle volte a sopravvivere e a resistere e sanno che mai potranno trovare un farmaco o un chirurgo capace di estirpare dal loro cuore il male che hanno subito e visto.
Ferdinando Sessi, “Sotto il cielo d’Europa” , Einaudi Ragazzi.